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"Ruolare" ai tempi del Covid




In questi tempi difficili abbiamo tutti dovuto fare i conti con quello che per tante persone è il periodo con la più lunga ed estenuante esperienza di isolamento della loro vita. In tutto il globo, anche se in modi differenti, abbiamo tutti vissuto un’esperienza trasversale, dovuta alla mancanza di rapporti sociali e di interazioni che fino al giorno prima abbiamo dato per scontati. Nonostante la necessità di prendere tali misure per mettere un freno alla diffusione del virus, la mancanza di interazioni sociali ha avuto una forte ripercussione sulla salute e sulla mente delle persone.


Molti dei servizi presenti sul territorio, con la funzione apparentemente secondaria di fonte di svago e di favorire l’interazione tra le persone, sono stati interrotti senza preavviso e come se non bastasse non è stata fornita una valida alternativa all’isolamento forzato. Arrivare poi al fatidico tampone, che conosciamo ormai troppo bene, che comunica la positività al Covid ha portato una vera e propria esperienza di isolamento nell’isolamento, dove all’impossibilità di avere contatti esterni si aggiungeva il limite di non poter entrare in contatto nemmeno con persone dello stesso nucleo familiare. In questo senso alcune fasce d’età hanno risentito molto più di altre la mancanza di contatto umano.



Un duro colpo per gli adolescenti


La fascia d’età che ha riscontrato maggiori problemi a gestire l’isolamento è sicuramente quella adolescenziale. In quest’età il bisogno di relazione ed il supporto emotivo che emerge dal contatto con i coetanei è fondamentale per lo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale dell’individuo. In uno studio sono stati esaminati gli effetti dell’epidemia Covid sulla salute mentale di più di 2000 adolescenti.

Nei 12 mesi di restrizioni e di didattica a distanza i ragazzi hanno sperimentato sintomi depressivi ed ansiosi oltre ad una diminuzione nella soddisfazione della vita, in particolare nelle ragazze.


I fattori che hanno generato le maggiori difficoltà riguardano quelli collegati alle preoccupazioni riguardanti il periodo di incertezza che gli adolescenti hanno vissuto, ai problemi di apprendimento nella didattica a distanza e soprattutto nell’aumento dei conflitti con i genitori. Inoltre è emerso come gli adolescenti fossero più preoccupati rispetto alle misure restrittive adottate dal governo per contrastare la pandemia, rispetto alla pericolosità del virus stesso.

Tutto questo potrebbe non dire nulla di nuovo alla maggior parte di noi dato che abbiamo sperimentato tutti, chi più chi meno, il disagio dato dall’esperienza del lockdown e della pandemia.

Ciò che però è interessante portare alla luce è che i ragazzi che rispondevano meglio ai fattori stressanti erano coloro che, nonostante la solitudine e le difficoltà strutturali, si sentivano in qualche modo socialmente connessi agli altri (Magson et al., 2021).



Il gioco di ruolo: una spinta alla socializzazione


Cos’hanno in comune il gioco e la vita di tutti i giorni? Semplice! Entrambi prevedono delle regole che vanno rispettate e dei limiti che in qualche modo tentiamo di superare. Sotto un certo punto di vista, utilizziamo “il gioco” quotidianamente e non solo da piccoli. La vita dopotutto è piena di situazioni che prevedono il rispetto di regole scritte e non a cui noi cerchiamo di fare affidamento e di interiorizzare con lo scopo di evolverci.


Una delle forme più antiche di gioco è sicuramente quella del “far finta”, tradotto in inglese con l’espressione “pretend to play”. Tale attività immaginaria di orientamento verso la creazione di mondi fantastici è presente soprattutto nei più piccoli ed arricchisce le loro funzioni esecutive, come memoria, attenzione, linguaggio e capacità di problem solving. Questo è evidenziato in uno studio effettuato su un campione di 110 bambini, in un’età compresa tra i 3 ed i 5 anni, che esamina come i bambini coinvolti in un programma di intervento basato sul gioco di fantasia migliorasse nettamente le loro funzioni esecutive rispetto ai bambini che non intraprendono questo tipo di giochi (Thibodeau et al., 2016).



Che cosa rende una persona in grado di socializzare di più rispetto ad un’altra?


Semplicemente quello che i professionisti della salute mentale chiamano teoria della mente. Si tratta semplicemente della capacità di un individuo, in base al comportamento verbale o non verbale della persona con cui si trova ad interagire, di “mettersi nei panni” dell’altro e di comprenderne gli stati d’animo (Siegelman, 1999). Il gioco di ruolo, in questo senso, permette di “mettersi nei panni” del proprio personaggio e di interagire con quelli degli altri, immaginando il miglior modo per fare squadra e raggiungere un obiettivo comune.



Il caso di Fred: il primo caso di gioco di ruolo terapeutico


Uno dei primi psicologi ad usare il gioco di ruolo, Dungeons and Dragons per i più avvezzi, fu Wayne Blackmon che nel 1994 prese in cura Fred, uno studente di 19 anni, il quale aveva mostrato comportamenti suicidari a seguito di una forte depressione durata diversi anni. Fred presentava forti difficoltà a farsi degli amici e a coltivare rapporti duraturi e profondi con le altre persone, ma dopo anni di terapia di gruppo e trattamento psichiatrico Blackmon decise di introdurlo all’interno di un gruppo il cui scopo era semplicemente giocare una partita. Da lì in poi le sedute di terapia si iniziarono a basare su ciò che avveniva nelle sessioni di gioco con gli altri.


Molto presto Fred fu in grado di parlare di emozioni e sentimenti dei personaggi, come se fossero le sue e soprattutto fu in grado di socializzare con il gruppo di gioco. Il primo importante risultato fu il suo ritorno a scuola nel breve periodo in cui le sessioni avanzavano e dopo sei mesi fu in grado di parlare delle proprie emozioni senza il mezzo di Dungeons & Dragons. In poche parole il gioco era stato solo un “mezzo” per arrivare al suo obiettivo finale, ovvero riprendere in mano la sua vita nel totale benessere, socializzando e divertendosi con gli altri (Blackmon, 1994).



Socializzazione, gioco e potenziamento


E’ proprio in questo contesto che ci inseriamo noi di We Buff. In attesa del momento in cui sarà di nuovo possibile riunirci attorno ad un tavolo per giocare, magari senza le fastidiose mascherine, approfittiamo dell’onda di smartworking per proporre delle sessioni di GdR online.


Porre quindi come antitesi ai disagi e agli stress che il covid porta con sé il pilastro della narrazione e la riscoperta del fantastico.

Il nostro obiettivo da qui in avanti è quello di formare un “party” di giocatori e di guidarli nel nostro mondo originale attraverso gli strumenti della tecnologia. Sarà quindi necessario un impegno anche da parte nostra per la gestione della sessione e dei giocatori, poiché i fattori che entrano in gioco nelle sessioni online sono molto diversi da quelli che si ottengono dal classico “faccia a faccia” a cui siamo abituati.


Già con la mini campagna precedente con i ragazzi dell’ Associazione Doposquola, “I Ricordi di Diamox”, siamo stati in grado di ricevere feedback e fare delle osservazioni interessanti sul gioco online, ma la strada è ancora lontana dall’essere perfetta.

Ma è anche quell’imperfezione che ci sprona ad andare avanti e migliorarci.

Dopotutto il gioco di ruolo come abbiamo visto è potenziamento, sia per giocatori che per i master!


Prossimamente riprenderemo con le sessioni online, strutturate in maniera diversa dalla campagna precedente sulla base dell’esperienza fatta online con il Doposquola, portando magari anche delle osservazioni su questo blog.


Come al solito chiunque è il benvenuto e ricordate: non c’è virus che possa battere un 20 naturale al dado!




Giacomo Di Leonardo

Gian Marco Marinelli






Blackmon, Wayne D. 1994. “Dungeons and Dragons: The Use of a Fantasy Game in the Psychotherapeutic Treatment of a Young Adult.” American Journal of Psychotherapy 48 (4): 624-632.

Magson, N. R., Freeman, J. Y., Rapee, R. M., Richardson, C. E., Oar, E. L., & Fardouly, J. (2021). Risk and protective factors for prospective changes in adolescent mental health during the COVID-19 pandemic. Journal of youth and adolescence, 50(1), 44-57.

Sigelman, Carol. K. 1999. Life-Span Human Development. 3rd Ed. Pacific Grove, CA: Brooks/Cole.

Thibodeau, R. B., Gilpin, A. T., Brown, M. M., & Meyer, B. A. (2016). The effects of fantastical pretend-play on the development of executive functions: An intervention study. Journal of experimental child psychology, 145, 120-138.

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